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Getting to know: Sarah Bovy

26 Giugno 2023

La pandemia COVID-19 ha rappresentato un punto di svolta per tante persone. Il mondo, fino a quel momento frenetico, si era fermato. All’improvviso, il tempo si è dilatato, e le occasioni per riflettere su se stessi e sulla propria vita si sono moltiplicate. 

Sarah Bovy al tempo faceva due lavori per mantenere il suo costoso hobby, quello del motorsport. Ma con l’avvento della pandemia, le opportunità erano diventate poche e la possibilità di costruirsi una carriera al volante di macchine veloci sembrava al capolinea.

Osservando lo sviluppo della sua carriera ora, tre anni dopo, forse nemmeno Sarah avrebbe potuto immaginarsi di arrivare a questo punto. Ancora non è una pilota professionista, tecnicamente parlando, ma insieme alle Iron Dames sta scrivendo la storia dell’automobilismo sportivo.

“Senza il progetto Iron Dames e la visione di Deborah Mayer non sarei qui a gareggiare”, confida Bovy. “Dopo la pandemia per me era finita, avevo iniziato un allenamento diverso e la mia vita sarebbe stata totalmente diversa. Sono una persona ottimista, ho sempre voluto vivere nel motorsport. Volevo vivere un sogno, ma sarei stata contenta anche senza raggiungerlo, a patto di avere la certezza di aver fatto tutto il possibile per realizzarlo. È per questo motivo che sono qui, perché ci ho provato con tutte le mie forze”.

“Ho inviato centinaia di e-mail a centinaia di team, senza ricevere alcuna risposta. È stata quella che ho inviato ad Iron Dames a cambiare tutto”.

In Iron Dames, gestito da Deborah Mayer di DC Racing Solutions e seguito operativamente dall’ex pilota e co-fondatore Andrea Piccini, Sarah è tornata a Sant’Agata Bolognese, dopo un breve periodo presso una casa automobilistica rivale non troppo lontana da lì.

Dopo aver fatto alcune sporadiche apparizioni nel Lamborghini Super Trofeo, in seguito a un primo colloquio con il responsabile motorsport di Squadra Corse Giorgio Sanna, Sarah ha iniziato a lavorare per l’azienda come istruttrice di guida, mettendo a frutto le sue abilità al volante.

Questo, comunque, era solo parte della grande passione che Sarah aveva per le auto. Il suo sogno era infatti nato parecchi anni prima, durante l’adolescenza, esordendo con le gare di kart per poi proseguire rapidamente alle auto da corsa.

“Ho scoperto i kart quando avevo già 13 anni, tardi per iniziare una carriera completa.” ammette la pilota belga. “Ho fatto solo due stagioni da dilettante, poi ho corso nelle competizioni per un anno. Non avevo molte disponibilità economiche, le mie possibilità erano limitate. A 15 anni ho partecipato ad alcune selezioni per passare alle competizioni automobilistiche; la transizione da kart a macchine è avvenuta presto, e di conseguenza, l’evoluzione della mia carriera è stata davvero rapida”.

“Ho sempre saputo di voler diventare una pilota, anche se mi è stato chiaro fin dall’inizio che senza la necessaria copertura economica sarebbe stato complicato. Sono sempre riuscita a farcela, per fortuna, trovando un po’ di sponsor per fare una  o due gare importanti all’anno”.

Parlando dell’incontro con l’Head of Motorsport di Lamborghini, la pilota belga riferisce: “Sono entrata nella famiglia Lamborghini grazie all’incontro con Giorgio durante una scorsa edizione della 24 Ore di Spa. Volevo lavorare per questo marchio. Mi ha detto di trovare il budget per fare un paio di gare con il Super Trofeo, per vedere come guidavo, e di vedere come mi sarei trovata. Una settimana dopo ho trovato una persona che ha finanziato la mia partecipazione al monomarca!”.

Quel “paio di gare” hanno dato a Sarah le possibilità di dimostrare il suo valore. Sebbene non sia riuscita a disputare l’intero campionato, è riuscita ad attirare l’attenzione del suo futuro datore di lavoro: Andrea Piccini, co-fondatore e team manager di Iron Lynx.

“La cosa divertente è che non sapevo esattamente chi fosse, non sapevo del suo ruolo nel motorsport. Lui mi aveva già visto ad alcuni eventi Lamborghini, quindi mi conosceva di vista. Decisi di contattarlo e mi disse: ‘Sarah Bovy, questo nome mi dice qualcosa. Possiamo fare un tentativo insieme!’. Il fatto che fossi all’interno dell’universo Lamborghini ha aiutato molto, è stato sicuramente uno dei fattori che mi ha permesso di avere quella possibilità”.

A volte il motorsport è davvero un mondo piccolo e bisogna trovarsi nel posto giusto al momento giusto. Per Bovy, Iron Dames ha rappresentato esattamente questo scenario, che ha portato infine al più gratificante dei lavori amatoriali, dietro al volante di una Huracán GT3 EVO2.

Nonostante Sarah, originaria di Liegi ma attualmente residente nella capitale Bruxelles, sia classificata come pilota Bronze e sia considerata a tutti gli effetti una pilota dilettante, la stagione di gare in cui è impegnata insieme alle sue due compagne di squadra in Iron Dames, Michelle Gatting e Rahel Frey, è più simile a quella di una professionista.

"Ora sono una pilota molto più brava e veloce di quando sono entrata in squadra", racconta. "Per quanto riguarda l'aspetto tecnico, con tutti i briefing pre e post-gara con gli ingegneri, credo di essere diventata una pilota più completa”. Solitamente sono i piloti professionisti a dare i feedback alla squadra, ma la Bovy si definisce “una persona curiosa. Mi piace imparare di più e questo mi aiuta a capire molto di più la macchina. La maggior parte delle volte”, continua, “se tutti i piloti dicono le stesse cose sulla macchina, c’è una certa sicurezza che questa sia in effetti così. Ci sono molte variabili che possono influenzare la vettura, come le condizioni della pista o il meteo, ma quando i tre piloti danno gli stessi feedback, è più semplice per gli ingegneri trovare il giusto equilibrio”. 

Negli ultimi anni la Bovy è diventata il pilota da qualifica delle Iron Dames e le sue abilità sul giro secco hanno acceso i riflettori su di sé tra gli addetti ai lavori. “Sono migliorata molto in effetti nel corso degli anni”, ammette Sarah, che di stagione in stagione si è dimostrata veloce e affidabile. La sua reputazione nel paddock è cresciuta vertiginosamente e sorprendentemente, tanto da essere riconosciuta come “una pilota Am con l’approccio di una professionista”.

Questo stupore è giustificato: dopotutto, non è passato molto tempo da quando la Bovy lavorava lontano dal mondo glamour del motorsport.

“La mia vita era totalmente estranea da questo settore. Per più di cinque anni ho fatto la headhunter, la cacciatrice di teste, per l’industria farmaceutica. Il mio lavoro consisteva nel cercare professionalità di altissimo profilo, persone che stilano le normative che regolano l’utilizzo di medicinali e vaccini; quindi, non avevo davvero niente a che fare con gli sport motoristici. Scelsi di studiare marketing perché volevo capire come convincere gli sponsor a credere in me, ma al tempo stesso avevo bisogno di un piano B”.

“Quando ho iniziato a collaborare con Lamborghini”, continua Sarah, “ero al secondo o terzo anno del mio lavoro, l’azienda dove ero headhunter capì la mia passione per il motorsport. Sono stata fortunata, mi hanno permesso di lavorare progressivamente sempre meno ore per loro, consentendomi infine di lavorare part-time. Fino al giorno in cui ho realizzato che sì, non ero diventata una pilota professionista, ma potevo riuscire a guadagnarmi da vivere con le varie attività che ruotano intorno al mondo delle corse e delle auto. È così che ho lasciato il mio impiego,” racconta la Bovy, “un posto di lavoro che amavo. Non sono mai riuscita a guadagnarmi da vivere solo guidando in pista, ma ci sono riuscita con tutte le piccole attività che facevo nel settore”.

Tra queste, Sarah ha lavorato nel marketing, nei social media, nella comunicazione e nell’organizzazione di eventi, tutti nati da quel primo contatto con la Lamborghini, tramite l’incontro con Giorgio Sanna nell’affascinante paddock della 24 Ore di Spa, fino ad arrivare a quella mail ad Iron Dames.

"Ho visto che alle Iron Dames mancava una pilota. I tempi per raggiungere un accordo erano piuttosto stretti, ma nel giro di una settimana la mia vita è stata stravolta. Sapevo che sarebbe stata una collaborazione importante, ma non immaginavo così tanto. Tre anni dopo quel tentativo faccio parte di questo grande progetto e sicuramente sono una pilota migliore di quanto non sia mai stata".

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